Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Apr 11, 2012 Redazione Attualità 0
Non è esclusa l’ipotesi abbattimento per il nuovo “ecomostro” del Parco Nazionale del Gargano, posto ieri sotto sequestro a Rodi Garganico dai Carabinieri del Noe di Bari e dai militari della Compagnia di Vico del Gargano, per ordine del sostituto procuratore Alessio Marangelli. Sul caso si è pronunciato il sindaco Carmine D’Anelli secondo il quale non ricorrerebbero i presupposti richiesti per il sequestro preventivo.
Si tratta delle 8 palazzine costruite in località “Le Fontanelle”, sul pendio del Belvedere del noto centro garganico. Un cantiere edile di 21 mila metri quadri in cui era prevista la realizzazione di 48 appartamenti e altrettanti box, del valore complessivo di 20 milioni di euro, rientranti nel Piano di Zona comunale per l’edilizia popolare ma che, a giudicare dalle rifiniture e dai materiali di primissima scelta, di popolare hanno ben poco. Una costruzione messa in opera in pieno Parco Nazionale del Gargano con tutte le autorizzazioni e i permessi edilizi previsti, tranne uno: l’autorizzazione paesaggistica dell’ente parco.
Rammarico espresso da parte di Carmine D’Anelli, sindaco della cittadina negli ultimi dieci anni, che sulla vicenda auspica chiarezza da parte della magistratura lucerina anche nel rispetto delle 48 famiglie in attesa che siano tutelate le loro legittime aspettative.
“E’ con grande senso di responsabilità e certezza che affermo che il Comune di Rodi Garganico ha da sempre rilasciato permessi di costruire solo se preventivamente corredati di tutta la documentazione istituzionale prevista”.
Carmine D’Anelli, che dopo due mandati consecutivi sta per lasciare la carica di sindaco in vista delle prossime elezioni amministrative, nel ribadire l’estraneità dell’amministrazione comunale ai fatti contestati, difende l’operato dell’ufficio tecnico comunale:
“È di dominio pubblico, infatti, la severità con la quale l’ufficio tecnico del Comune di Rodi Garganico si esprime in merito alle pratiche edilizie sottoposte al suo esame”.
In questo caso, secondo D’Anelli verrebbero a mancare i presupposti previsti per il sequestro preventivo. La ragione starebbe nella data dell’Istituzione del Parco Nazionale del Gargano: il 4 Agosto 1995. La normativa imporrebbe il parere preventivo dell’ente quando l’edificazione abbia avuto luogo dopo quella data. Tutto quello che è compreso in un piano attuativo redatto prima di allora, secondo le norme transitorie, sarebbe escluso da tale obbligo.
“Ebbene, la zona in discussione – spiega D’Anelli – è antropizzata e urbanizzata già dagli anni 90, prima con le case popolari dell’IACP e poi con altra zona 167 denominata ‘Rodi dell’unità’. Infatti, il piano di fabbricazione di cui è dotato il Comune di Rodi Garganico – con le relative varianti regolarmente asseverate e avvenute tra gli anni 1978 e 1981 – è stato inglobato nel Piano Regolatore Generale approvato in data antecedente all’istituzione dell’Ente Parco Nazionale del Gargano. Tale posizione, peraltro, è anche stata ribadita dallo stesso Ente Parco in una comunicazione inoltrata al Comune di Rodi Garganico nei giorni scorsi”.
Intanto sono otto in tutto le persone attualmente indagate: cinque responsabili delle ditte costruttrici, l’ingegnere direttore dei lavori e i due responsabili dell’ufficio tecnico del Comune di Rodi. A peggiorare la loro situazione, la scelta della destinazione dei rifiuti di lavorazione: terriccio e materiali sarebbero stati riversati, secondo le indagini coordinate dalla Procura di Lucera, lungo i fianchi della collina che domina il centro Garganico, andando così a modificare il livello del pendio del belvedere. L’intera area ora è stata posta sotto sequestro e prossimamente sarà avviata una procedura per la confisca dei beni. Per le tre abitazioni già vendute e occupate, gli investigatori hanno concesso la facoltà d’uso.
La Redazione
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