Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Nov 15, 2011 Pina D'Errico Cronaca 0
VIESTE – Un altro colpo alla malavita garganica, un’altra risposta che i cittadini di Vieste attendevano da anni: la squadra dello Stato ha segnato ancora una volta. Alle prime luci dell’alba di oggi due arresti per estorsione sono stati eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Foggia: non si tratta di criminali qualunque ma di Angelo Notarangelo e Marco Raduano, un boss del Gargano e il suo braccio destro rispettivamente.
Fanno entrambi parte del clan Libergolis e entrambi coinvolti nell’operazione “Medioevo” con cui nello scorso mese di aprile sette persone sono finite in manette con l’accusa di aver messo in ginocchio l’intera economia turistica del promontorio. Notarangelo, alias Cindarjiudd, era rinchiuso nel carcere di Trapani dal 13 aprile, il secondo, detto “Pallone” e cugino di Franco Raduano, ritenuto l’ultimo latitante del Gargano e arrestato lo scorso 5 novembre, di recente in libertà era tornato.
Due arresti figli del coraggio di un imprenditore che dalla mafia si è sentito spogliato anche della sua dignità. Stamane Notarangelo e Raduano hanno ricevuto due ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia con procuratore capo Antonio Laudati.
La vittima, specializzata nella distribuzione di videopoker, per due anni ha pagato loro una rata mensile di 800 euro da versare in un’unica soluzione semestrale di 4800 euro. Una scelta obbligata per lui dopo che nel 2007 fu minacciato da Notarangelo e Raduano di una concorrenza spietata se non avesse pagato il pizzo. Una minaccia che di fronte alla resistenza dell’imprenditore si è tradotta nei fatti. I due criminali, infatti, contattarono i clienti della vittima, imponendo il noleggio delle loro apparecchiature, così da ridurre gli affari dell’imprenditore.
Le previsioni di fallimento per la vittima diventarono palesi. Ecco perché nel 2008 fu lui stesso a chinare la testa contattando i suoi aguzzini. Il loro patto andò avanti per due anni, dopodiché l’imprenditore, prosciugato delle sue risorse economiche, non riuscì più ad affrontare quella considerevole uscita. La vendetta criminale per il mancato rispetto del patto non si fece attendere: tre autovetture incendiate, un camion rubato e restituito solo dopo il pagamento della rata. Ormai sull’orlo del fallimento la vittima non ce l’ha fatta più e nel buio della disperazione ha trovato la luce del coraggio: si è rivolto all’associazione Antiracket di Vieste e ha denunciato i suoi estorsori.
Quella di oggi non è che una tappa di un lungo cammino, secondo il procuratore capo di Lucera di Domenico Seccia: “Bisogna continuare a lavorare – ha detto Seccia durante la conferenza stampa che si è tenuta stamattina anche perché stiamo purtroppo registrando una recrudescenza del fenomeno criminale, così come sta accadendo a San Nicandro Garganico dove i figli dei padri si stanno riorganizzando in veri e propri clan”.
Un elogio agli uomini prima ancora che ai commercianti e agli imprenditori per lo straordinario coraggio viene dal procuratore antimafia di Bari Antonio Laudati:
“Sono loro che hanno voluto dar vita a Vieste a una delle più attive associazioni anti-racket presenti sul territorio nazionale, in un momento in cui era più forte l’offensiva sferrata dai criminali”. “Oggi – ha continuato il procuratore – Vieste e tutto il Gargano sono un esempio di uomini e donne coraggiosi che ha alzato la testa e deciso di essere al fianco della Squadra Stato”.
Pina D’Errico
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