Ultimo aggiornamento 22 Febbraio 2019 - 11:55
Gen 11, 2012 Redazione Cronaca 0
L’auto su cui viaggiava è stata affiancata da una motocicletta con a bordo una o due persone che hanno sparato nell’abitacolo uccidendolo sul colpo. Così è morto ieri, intorno alle 13, Giosuè Rizzi, l’uomo ritenuto il capo assoluto della mafia foggiana negli anni Ottanta. L’agguato è avvenuto a Foggia, in via Napoli davanti ad un semaforo rosso, a pochi metri da un istituto commerciale.
È rimasto ferito ma non è in gravi condizioni l’uomo che guidava il mezzo, una Ford Fiesta scura crivellata di bossoli calibro 9×21. Sessanta anni di vita, più della metà dietro le sbarre. Rizzi, secondo gli inquirenti, teneva in pugno gli affari malavitosi in Capitanata negli anni Ottanta. Contava ancora però anche negli anni Novanta quando i pentiti intaccavano davanti ai giudici i fronti mafiosi pugliesi. Fu allora per esempio che fu definito “il Papa di Foggia”. A dirlo non un personaggio di secondo piano ma Salvatore Annacondia, l’uomo a capo della più sanguinosa organizzazione criminale del nord barese che ha seminato paura e morte in quegli anni.
L’autorità di Rizzi venne meno solo alla fine degli anni novanta quando a rompere i soliti equilibri degli organigrammi criminali della Capitanata ci pensarono nuove alleanze. Eppure è stata un’esecuzione in pieno stile mafioso a mettere fine ai suoi giorni. Giorni passati anche nell’arte, una passione sfrenata per la pittura nata tre le mura del carcere e raccontata nel suo sito www.giosuerizzi.it : aveva prodotto un centinaio di quadri.
Insieme ad Angelo Cavallo, animatore culturale, produttore artistico e musicale, ha scritto il libro ‘Giudizio e pregiudizio’ (pubblicato un anno fa), in cui è raccontata la sua vera storia, la sua vita iniziata con i piccoli furti di un adolescente per arrivare all’uomo che impugna armi e trascorre la sua vita tra manicomi criminali e carceri di tutta Italia. E poi ancora la detenzione, con le sue regole, gli scambi di favori, le sparatorie, ma soprattutto quel fatto di sangue che scosse la Puglia e l’Italia intera a metà degli anni Ottanta: la strage del Bacardi.
Oltre agli anni passati in cella per diversi crimini, Rizzi fu arrestato nel febbraio del 1988 per un tentativo di estorsione ai danni del titolare di una nota discoteca foggiana, vicenda per la quale poi fu assolto in appello. Pochi mesi da quell’arresto però, a giugno del 1988, gli fu notificato in carcere un altro provvedimento cautelare: questa volta per l’uccisione di quattro persone e il ferimento di un’altra in un circolo privato nel centro storico di Foggia, il ‘Bacardi’ appunto.
La vicenda era avvenuta due anni prima, nel 1986. La notte del primo maggio di quell’anno cinque persone, quattro pregiudicati ed una donna compagna di uno di loro, erano nel circolo privato del centro foggiano. Erano tutti appartenenti al clan dei Laviano, clan avversario a quello di Rizzi. Nomi che in quegli anni incutevano paura a Foggia. Erano le 3.30 circa, quando uomini armati di mitragliette fecero irruzione e spararono contro tutti. Uno riuscì a fuggire e si salvò, ma fu una strage, la strage del Bacardi appunto. Quello fu, si saprà dopo, il primo atto di una guerra di mafia nella ventennale storia della ‘Società”, come era chiamata la mafia foggiana. Una vicenda su cui ancora oggi persistono dubbi.
Per quella strage Rizzi fu condannato all’ergastolo, condanna ridotta a 29 anni in appello per omicidio plurimo. A questa condanna si erano aggiunte dopo quelle inflittegli nel processo per la morte dell’imprenditore Giovanni Panunzio (ucciso nel 1992 per aver denunciato il racket delle estorsioni) e in un successivo giudizio per associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidi, tentati omicidi, estorsioni e detenzione illegale di armi.
Rizzi avrebbe dovuto finire di scontare la pena nel 2018, ma uscì di prigione nel maggio 2009 per problemi di salute, per continuare la detenzione ai domiciliari, dopo oltre 21 anni di carcere. Tornò in cella nel 2010 con l’accusa di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. Nel 2011 però è tornato un uomo libero, grazie ad uno sconto di pena di 8 anni per buona condotta: gli era stata tuttavia applicata la sorveglianza speciale.
Intanto proseguono senza sosta le indagini, coordinate dal pm Luciana Silvestris, degli agenti della Squadra Mobile della questura di Foggia, su quello che è il primo omicidio del 2012 nel foggiano.
La Redazione
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