Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Giu 11, 2012 Redazione Cronaca 0
Alla base di tutto un patto tra i boss della mala foggiana: riciclare il denaro frutto di truffe e altre attività illecite. È con questa ipotesi accusatoria che la squadra mobile di Foggia e il Gico (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di finanza di Bari hanno arrestato 24 persone indagate, di cui 7 hanno ottenuto gli arresti domiciliari.
Nell’ambito dell’operazione, dal nome “Bacchus” come il mitico dio romano del vino, stamattina 300 agenti hanno eseguito le ordinanze emesse dal Gip di Bari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Bari, provvedendo anche al sequestro di beni mobili e immobili per il valore di oltre 20 milioni di euro.
Pesanti le accuse di cui ora dovranno rispondere, a vario titolo, le persone coinvolte: associazione per delinquere, estorsione, usura, emissione e utilizzazione di fatture per operazioni fantasma, truffa ai danni dell’Unione Europea e di illecito amministrativo con l’aggravante di aver favorito un’associazione mafiosa.
Sempre puntuale a fiutare il “business”, questa volta la mala foggiana stava puntando su uno dei settori economici italiani di maggiore espansione, quello vitivinicolo. La criminalità organizzata si sarebbe proposta alle imprese locali in difficoltà come canale di finanziamento privilegiato. Con queste infiltrazioni, complici anche alcuni istituti bancari che avrebbero omesso di segnalare operazioni sospette, i capi clan sarebbero riusciti a creare ramificazioni fino al nord Italia coinvolgendo per esempio una grande azienda vitivinicola operante in provincia di Ravenna. Il denaro sporco sarebbe stato reinvestito poi nell’economia legale, creando profitti elevatissimi ai danni dell’Erario e della Comunità Europea.
Determinante, ai fini degli arresti, è stata la denuncia di un viticoltore foggiano che ha consentito agli inquirenti di sbrogliare il bandolo della matassa. Stando alla sua testimonianza, dopo che il capo clan Giosuè Rizzi, alias “il papa”, è stato arrestato (scarcerato nel 2010, morirà poi in un agguato avvenuto a Foggia agli inizi del 2012), a prendere il comando dell’organizzazione mafiosa era stato Cesare Antoniello, l’uomo che imponeva sia i tassi di usura (che oscillavano dal 10 al 15 per cento mensili) che le tariffe estorsive da imporre a commercianti e imprenditori.
“Una giornata importante – è stato il commento di Nichi Vendola – perché minimizzare la realtà dei clan nel momento in cui queste organizzazioni rischiano di estendere la propria capacità di controllo del territorio, sfruttando la crisi economica – ha concluso il Presidente della Regione Puglia – sarebbe un crimine imperdonabile”.
La Redazione
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