Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Gen 15, 2014 Redazione Il caso 0
Era prevista per oggi la decisione della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del referendum proposto da 9 Consigli regionali sul taglio dei tribunali minori. E difatti stamattina, dopo l’udienza a porte chiuse, durata poco più di un’ora, il verdetto è arrivato.
Sulla riforma entrata in vigore il 13 settembre, che ha portato alla chiusura di un migliaio di uffici giudiziari tra tribunali minori, sezioni distaccate di Corti d’appello e di giudici di Pace, non ci sarà alcuna consultazione popolare. Così ha deciso la Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile la richiesta del referendum per abrogare la riforma giudiziaria partorita dal governo Monti e portata avanti dall’esecutivo Letta.
La proposta referendaria, che aveva già ottenuto l’ok della Cassazione in data 12 novembre 2013, era stata presentata dai Consigli regionali di Puglia, Calabria, Basilicata, Friuli, Piemonte, Abruzzo, Liguria, Campania e Marche (passando alla storia come il primo caso, dall’età repubblicana, in cui un referendum viene proposto attraverso l’iniziativa delle Regioni, come prevede l’articolo 75 della Costituzione).
A rappresentare il governo l’Avvocatura dello Stato che ha sostenuto l’inammissibilità del quesito referendario e il rischio che un’abrogazione della riforma possa causare un vuoto normativo. La sentenza con cui oggi è stata bocciata la proposta di referendum sarà depositata “entro i termini previsti dalla legge”.
La battaglia contro la nuova geografia giudiziaria che è iniziata con un ampio movimento di protesta in tutta Italia, a partire dagli avvocati fino ai dipendenti e a tutti i cittadini, non sembra voler finire qui.
“Siamo pronti a ricorrere alla Corte di giustizia europea – spiega Fabiana Contestabile, coordinatore nazionale del comitato che si è costituito nello scorso dicembre e che riunisce i nove Consigli regionali promotori del referendum e altri rappresentanti territoriali che dicono no ai tagli dei tribunali – perché questa riforma mette in discussione il diritto del cittadino all’accesso alla giustizia”.
La Redazione
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