Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Dic 01, 2011 Pina D'Errico Politica 0
ROMA – Sicuramente nel 2009, quando fu pubblicata la sua dettagliata analisi sulla crisi economica in corso (all’epoca soprattutto americana con il caso dei mutui subpirme), non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata proprio quella crisi a coinvolgerlo personalmente. Ora, del Governo Monti, l’esecutivo nato in una fase di emergenza, fa parte anche lui, Tullio Fanelli.
Nominato sottosegretario al Ministero dell’Ambiente, Fanelli, unico pugliese (di nascita) nella squadra Monti, è foggiano. Classe 1956, nasce nel capoluogo dauno il 25 dicembre. Si trasferisce a Roma dove consegue la laurea in ingegneria nucleare all’Università della Sapienza.
Dirigente ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) dal febbraio del 2011, dove era stato già Responsabile del Nucleo di Supporto per la gestione operativa del Piano Energetico nazionale (dal 1989 al 1991) e Responsabile del Servizio Studi del Dipartimento fonti alternative e risparmio energetico (dal 1986 al 1989), svolge la sua carriera anche come componente dell’Autorità per l’energia e il gas (dal 2003 al 2011) e poi al Ministero Attività Produttive, prima come Responsabile della segreteria tecnico-operativa e poi come Direttore Generale per l’Energia e le Risorse Minerarie.
In quella relazione del 2009, discussa durante un convegno della Filcem (la Federazione dei lavoratori della chimica, dell’energia e delle manifatture della Cgil) sosteneva che all’origine della crisi c’era il petrolio, o meglio il suo prezzo diventato galoppante. Un aumento che ha portato gli americani a scegliere di conservare il proprio stile di vita ad alto consumo energetico (gli Usa sono il maggior consumatore mondiale di petrolio) piuttosto che pagare la casa con quei mutui subprime, mutui concessi dalle banche a tassi più elevati e per questo già con una percentuale di default più elevata, una percentuale attesa che si è rivelata assai sottovalutata.
Non solo, Fanelli aveva suggerito all’epoca di affidare la domanda europea del petrolio a un unico soggetto politicamente ed economicamente forte, magari garantito dalla Bei, la Banca europea d’investimento che avrebbe potuto creare un “Fondo Salva-Petrolio” più che un “Fondo Salva-Stati”.
Profetiche le parole con cui aveva concluso quella relazione: “Io credo che questa sia la strada da percorrere, altrimenti non avremo il tempo per poter decidere sul lungo periodo anche le politiche necessarie per allontanarci e dipendere un po’ meno dal petrolio stesso”.
Pina D’Errico
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