Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Nov 08, 2016 Redazione Resto Indignato 0
“Attraverso le modifiche costituzionali si mira solo a limitare le funzioni di governo delle Regioni, riportare esclusivamente nelle mani del governo centrale materie controverse, di difficile gestazione o in contrasto con le autonomie locali, come le politiche energetiche, in particolare, e quelle dei modelli di sviluppo, in generale.”
L’abbaglio dei ritocchi costituzionali e il rabbioso, inconcludente scontro fra i partiti, nella battaglia referendaria in atto, ha messo in ombra un preoccupante, e per noi meridionali, vitale risvolto sulla vita delle Regioni e sul loro ruolo di governo.
L’Ordinamento regionale venne istituito come la migliore e puntuale azione propulsiva, più vicina e mirata alle necessità di crescita delle popolazioni, dotandole di funzioni e competenze che avrebbero centrato meglio gli obiettivi sostituendosi al centralismo statale: “Roma è lontana”, si diceva. In particolare, per noi meridionali, le Regioni avrebbero dovuto sanare il fallimento della Cassa per il Mezzogiorno e ridurre il gap con le altre Regioni del centro e del nord Italia. Ammodernando le infrastrutture, migliorando e creando nuovi servizi, dotandosi di un telaio legislativo e normativo all’altezza dei tempi e più vicino alle esigenze dei cittadini, questo il percorso intrapreso ed i risultati non sono mancati. In verità non sono mancati nemmeno abusi, distorsioni, eccessi, sperpero di danaro pubblico. Ma è innegabile che il volto delle Regioni meridionali è cambiato, la nostra Puglia, per esempio, ed i cambiamenti intervenuti negli ultimi 10- 15 anni.
Ora questi mutamenti e questi risultati sono stati possibili grazie ad un quadro di competenze che lo Stato ha trasferito alle Regioni. Si può obiettare che non tutte le Regioni hanno saputo esercitare in meglio queste competenze, e non tutte le Regioni hanno raggiunto risultati soddisfacenti. Ma questo appartiene alla selezione della classe politica e alla qualità delle politiche dispiegate. Quello che non ci convince è il tentativo di un ripiegamento, o ennesima giravolta, di rimettere tutto nelle mani della “Roma lontana” , o peggio, della “ Roma ladrona “ che sino a ieri ha predicato autonomia e federalismo a buon mercato, ed oggi riscopre il centralismo statale per giustificare la debolezza e l’insipienza della politica nazionale.
Il tentativo che si vuole raggiungere attraverso le modifiche costituzionali, mira solo a limitare le funzioni di governo delle Regioni, punire indiscriminatamente buoni e cattivi, riportare esclusivamente nelle mani del governo centrale materie controverse, di difficile gestazione o in contrasto con le autonomie locali, come le politiche energetiche, in particolare, e quelle dei modelli di sviluppo, in generale. Questo tentativo va respinto con forza per evitare che sia disfatto, o rivisto, il percorso regionale sull’altare di un prossimo, probabile e sbrigativo Patto del Nazareno numero due.
Michele Angelicchio
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