Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Feb 15, 2012 Redazione Salute 0
Torna alla ribalta in Italia il tema dell’obesità. Questa volta però il problema non è il danno provocato alla salute, o meglio non solo, ma quello provocato anche ai conti della sanità pubblica. I dati dello studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa parlano chiaro: rappresentano il 6,7 % della spesa sanitaria per un costo annuo di circa 8,3 miliardi di euro.
Se ne è parlato nell’ambito dell’iniziativa “Lotta al sovrappeso e all’obesità. Anno III”, l’iniziativa voluta da Gianluca Mech e dal Centro Studi Tisanoreica e appoggiata da Fimmg, Fimp, Federsanità-Anci e Assofarm. Gli obesi, 5 milioni di adulti in Italia che corrispondono al 10% della popolazione, costano tanto alla collettività. La causa è presto spiegata: le persone con qualche chilo di troppo vanno incontro più facilmente a una serie di problemi, in particolare cardiaci (il cuore deve lavorare molto di più per supportare il maggior peso), ma anche diabete di tipo 2, apnea da sonno, alcuni tipi di tumori, le cui cure finiscono per gravare sul sistema sanitario nazionale.
E come se la situazione non fosse abbastanza preoccupante, ad allarmare arrivano le stime diffuse nel corso dell’incontro: nel 2025 la percentuale di obesi salirà al 43%, praticamente circa 20 milioni di cittadini. Gli obesi di domani potrebbero essere i bambini di oggi, quelli della fascia di età tra i 6 e i 9 anni che hanno fatto arrivare la percentuale di obesità infantile a circa il 2,5% ogni 5 anni, facendo piazzare l’Italia nelle prime file per sovrappeso e obesità.
Non senza una nota di provocazione Gianluca Mech, impegnato in una campagna anti-obesità che ha coinvolto prima i sindaci e ora anche i parlamentari, dice di non disdegnare l’idea dell’istituzione di una tassa sul cibo-spazzatura da parte del ministro della Salute Balduzzi. Quello che è più importante però secondo lui è
“sensibilizzare i medici di base e i pediatri affinché prescrivano ai loro pazienti in sovrappeso diete a basso indice glicemico”. Secondo Mech, “se anche solo la metà degli italiani seguisse questo regime alimentare il tasso di obesità in età adulta diminuirebbe dal 10% al 5% della popolazione totale” che tradotto in numeri significherebbe quasi 1.500.000 di obesi in meno e una riduzione di quasi 2,5 miliardi di euro del costo sanitario annuo.
Ecco perché gli esperti finiscono per appellarsi alla classe politica a cui si chiedono iniziative legislative anche drastiche per evitare conseguenze tragiche sia sulla salute che sulle tasche dei cittadini, come è stato fatto in altri Paesi.
Negli Usa per esempio, i tassi di obesità si sono stabilizzati dopo 30 anni di crescita record. Segno che la crociata intrapresa contro il junk food ha funzionato mentre si continua a ipotizzare l’introduzione della tassa sulle bibite gasate. La Francia invece sta facendo la guerra agli spot televisivi di prodotti ad alto contenuto di zuccheri trasmessi nelle fasce orarie seguite dai giovani. Il piano d’azione della Germania invece prevede la consegna di un patentino alimentare ai bambini delle elementari, la definizione di standard qualitativi per le mense e una campagna anti-anoressia.
Verrebbe da chiedersi: che fine ha fatto la nostra dieta mediterranea, quella che tutto il mondo ci invidia per la genuinità dei cibi al punto da essere presa come modello per la soluzione dell’obesità oltre oceano?
La Redazione
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