Ultimo aggiornamento 17 Dicembre 2021 - 13:38
Mar 05, 2016 Redazione Cronaca 0
Per i difensori degli indagati, nelle intercettazioni si parlava realmente di “formaggio” e “cacio” e non si trattata di frasi in gergo per indicare la droga
Erano stati arrestati lo scorso 13 febbraio perché, in seguito ad un’intensa attività di indagine, i tre avrebbero messo in piedi un grosso giro di spaccio di droga con cui rifornivano i pusher della zona di Vieste. Un business che secondo gli inquirenti avrebbe fruttato fino a 20mila euro al mese. Ora però uno di loro è stato scarcerato mentre gli altri due hanno ottenuto gli arresti domiciliari.
È quanto deciso dai tre giudici del Tribunale della Libertà di Bari che hanno esaminato i ricorsi dei difensori dei tre viestani, presunti membri del clan Notarangelo, Bartolomeo Pio Notarangelo, 28 anni (accusato di detenzione illegale di armi), Danilo Notarangelo, 25 anni, e Michele Calabrese, 36 anni, (entrambi accusati di spaccio di droga).
Le accuse contro i tre garganici poggiavano anche su intercettazioni dalle quali emergeva secondo quanto ritenuto da investigatori, Procura e gip dauni – che Danilo Notarangelo e Calabrese spacciavano, e che Bartolomeo Notarangelo aveva in possesso un’arma da fuoco.
Ricostruzione questa contestata dagli avvocati degli indagati: Salvatore Vescera e Giuseppe Solitro (difensori di Calabrese), Giorgio De Laurentis (difensore di Danilo Notarangelo) e Michele Arena, legale di Bartolomeo Notarantgelo.
Per i difensori di Michele Calabrese e Bartolomeo Notarangelo, in quelle intercettazioni si parlava effettivamente di “formaggio” e “cacio” considerata l’attività lavorativa dei due viestani e quindi non si trattava di un linguaggio in codice per indicare la sostanza stupefacente.
I giudici del riesame hanno confermato la gravità degli indizi, ma hanno ritenuto comunque attenuate le esigenze cautelari e concedendo ai due gli arresti domiciliari.
Il difensore di Bartolomeo Notarangelo invece ha ottenuto la scarcerazione del suo assistito depositando al vaglio dei giudici una consulenza balistica. L’esperto incaricato dalla difesa, ascoltando le intercettazioni, ha sostenuto che il rumore captato da una microspia non era quello di una pistola che viene “scarrellata” come affermato dall’accusa per sostenere che il garganico possedeva una pistola: le motivazioni del provvedimento del Tribunale della libertà saranno depositate in cancelleria nelle prossime settimane.
La Redazione
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