Ultimo aggiornamento 11 Dicembre 2019 - 23:25
Lug 18, 2018 Redazione Cronaca 0
Ecco la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia per il periodo Luglio – Dicembre 2017
Il quadro criminale della provincia di Foggia, da sempre frastagliato in diverse forme di criminalità (capoluogo
di provincia, Gargano, alto e basso Tavoliere), oggi si presenta più complesso ed instabile. E’ quello che emerge dalla relazione semestrale del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia Luglio – Dicembre 2017.
Pur di consolidare la propria autonoma operatività nei territori di riferimento – si legge nel documento – e raggiungere una gestione monopolistica di alcune attività illecite, i clan risultano sempre più proiettati verso convergenze ed alleanze con gruppi di diversa provenienza, rendendo lo scenario altamente fluido.
Un ambito dell’illecito in cui il fenomeno risulta evidente è quello legato al traffico degli stupefacenti, per il quale, nel periodo in esame, i numerosissimi sequestri effettuati dimostrano come la provincia foggiana sia ormai divenuta un crocevia strategico. In particolare, le coste del Gargano risultano una tappa consolidata per lo sbarco di marijuana proveniente dall’Albania.
Tale aspetto, conseguenza sia di fisiologici processi interni sia dei ciclici interventi repressivi delle Istituzioni, ha attribuito, nel tempo, a quelle sinergie una valenza strutturale, tale da influenzare gli assetti criminali dell’intera provincia.
Il forte radicamento delle consorterie sul territorio favorisce un contesto ambientale omertoso e violento (in primo luogo determinato dalla matrice di familiarità che contraddistingue gran parte dei clan, in particolar modo dell’area garganica), che si manifesta con danneggiamenti e atti intimidatori ai danni di operatori del commercio, dell’edilizia, del turismo e dell’agricoltura, settori trainanti dell’economia del territorio.
Con specifico riguardo all’agricoltura, nel foggiano resta alta l’attenzione verso la gestione della manodopera extracomunitaria, non potendosi escludere interessi della criminalità della Capitanata rispetto al fenomeno del cd. “caporalato” ed, in generale, verso l’indotto economico generato dalla consistente presenza di cittadini stranieri richiedenti asilo, presso il C.A.R.A. di Borgo Mezzanone, nell’immediata periferia del capoluogo.
Gli altri punti di forza per i sodalizi si rinvengono nel cospicuo numero di giovani leve, nella crescente commistione tra criminalità comune e organizzata e, non ultima, nella elevata disponibilità di armi.
È in questo quadro complesso che va ricercata la chiave di lettura di molti degli episodi di sangue che, nel periodo in esame, hanno vessato la provincia di Foggia, creando uno stato di emergenza riconosciuto come una “priorità nazionale” in sede di Comitato Nazionale per l’Ordine e Sicurezza Pubblica.
L’alto consesso si è riunito presso la Prefettura di Foggia, una prima volta il 10 agosto 2017, all’indomani della strage di San Marco in Lamis, e poi il 9 ottobre 2017. Nel presiedere i due consessi, il Ministro dell’Interno ha sostenuto l’impegno condiviso tra Forze di polizia, Magistratura ed Istituzioni, atto a garantire l’azione preventiva-repressiva dello Stato sul territorio, presenziando, tra l’altro, alla stipula di un protocollo tra il PON Legalità ed il POR Puglia per la realizzazione di specifici obiettivi strategici di coesione sociale, riequilibrio territoriale e diffusione della legalità.
Il 15 settembre 2017 è stata la volta di una delegazione della VI Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che, recatasi presso il Tribunale di Foggia, ha condiviso lo sforzo posto in essere dalle Istituzioni giudiziarie al fine di contrastare il grave fenomeno mafioso definito da più parti “Quarta Mafia”.
Il Gargano. La geografia criminale garganica si conferma fortemente instabile. Si tratta di una instabilità derivante da una pluralità di fattori, quali le mutazioni di assetti e gli scompaginamenti di alleanze, anche datate. L’analisi del fenomeno osserva la presenza di una pluralità di gruppi criminali (basati essenzialmente su vincoli familiari e non federati tra loro), ove marcata risulta l’ascesa delle giovani leve ma anche la vicinanza geografica ad altre realtà mafiose, come quelle foggiana e cerignolana.
In definitiva, il territorio risulta interessato da un processo di rinnovamento del sistema criminale, favorito da ataviche rivalità familiari, degenerate in vere e proprie faide di mafia e da mire espansionistiche.
È questo il contesto in cui è maturata la strage di San Marco in Lamis, realizzata il 9 agosto 2017 allo scopo, innanzitutto, di eliminare il boss del clan Romito, a pochi giorni dalla sua scarcerazione, ucciso con suo cognato lungo la strada provinciale “Pedegarganica” di Apricena (FG). Era rimasto l’unico vertice del gruppo criminale dopo l’uccisione del fratello avvenuta durante la faida con il clan Li Bergolis. Nella faida scissionistica tra la famiglia Li Bergolis di Monte Sant’Angelo e quella dei Romito di Manfredonia, già federati nel clan dei Montanari, a seguito del presunto ruolo di informatore che alcuni componenti di quest’ultima famiglia assunsero con i Carabinieri, il capo del clan Romito fu già destinatario di due attentati falliti: il 18 settembre 2009 con l’esplosione di un ordigno occultato all’interno del vano motore dell’auto su cui viaggiava, ed il 27 giugno 2010, quando a Manfredonia ignoti esplosero diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti del medesimo e del nipote, che fu attinto mortalmente.
Poco distante dal luogo dell’agguato del 9 agosto 2017 sono stati rinvenuti i cadaveri, anch’essi raggiunti da numerosi colpi di arma da fuoco, di due fratelli braccianti agricoli, incensurati ed apparentemente estranei a contesti criminali, colpiti a morte perché possibili testimoni dell’omicidio, consumatosi in un territorio – non nuovo a fatti di sangue (il 20 giugno 2017, infatti, ad Apricena, era già stato consumato il duplice omicidio di due pregiudicati: zio e nipote, sono stati affiancati da almeno quattro individui, travisati ed armati di fucile a pompa, fucile mitragliatore e pistola. Una delle vittime era ben inserita nel contesto mafioso garganico, essendo a capo, unitamente ai fratelli ed al cognato, del gruppo Di Summa – Ferrelli operante nell’area di Poggio Imperiale ed Apricena, con collegamenti a Torremaggiore e San Severo)- estraneo alla “competenza” del clan Romito.
Il boss assassinato, figura di primo piano della mafia garganica, stava guidando un percorso espansionistico e di consolidamento del clan, potendo in ciò contare su una consolidata alleanza con strutture malavitose di Mattinata
e su importanti appoggi criminali anche in altre aree del foggiano, compreso il capoluogo, dove aveva come
punto di riferimento il clan Moretti – Pellegrino – Lanza.
Anche l’area di Vieste è stata interessata da cruenti fatti di sangue, in danno soprattutto del clan Notarangelo, ormai decimato nel vertice. Il gruppo Notarangelo, operante in Vieste e zone limitrofe, vede la propria sussistenza fortemente compromessa da scissioni in sottogruppi, a capo dei quali compaiono elementi di punta del gruppo di origine ed uomini di fiducia dei vertici. Peraltro, il 14 luglio 2017 è intervenuta la sentenza di appello concernente la nota inchiesta “Medioevo” (p.p. n.163/2010 RGNR e n. 4359/2011 RGIP), nel cui ambito diversi esponenti dei Notarangelo sono stati condannati per estorsione aggravata dell’art.7 della legge n.203/1991 (circostanza per la prima volta riconosciuta a carico di elementi della criminalità organizzata viestana), nonché al risarcimento in favore della locale associazione antiracket.
Le principali attività di contrasto delle Forze di polizia hanno visto protagonisti diversi soggetti – già luogotenenti del clan Notarangelo – che si stavano adoperando per colmare il “vuoto di potere” venutosi a creare. Tra i luogotenenti figura anche un elemento di primo piano della criminalità viestana e della stessa mafia garganica, tornato in libertà nel febbraio 2017 e la cui scarcerazione è coincisa con la recente escalation di violenza. Significativa appare l’OCCC. n. 10550/17 RGNR e n. 8716/17 RG GIP emessa dal GIP presso il Tribunale di Foggia il 27 settembre 2017 ed eseguita nei suoi confronti, dai Carabinieri di Vieste, il 27 settembre 2017, per atti persecutori nei confronti della moglie e di un familiare di altri due elementi di spicco della criminalità locale, già vicini al clan Notarangelo.
Proprio a Vieste, il 27 luglio 2017 è stato consumato l’ennesimo atto di una guerra tra consorterie, con l’omicidio di un pregiudicato da tempo inserito nel contesto criminale locale, come emerso da operazioni antidroga che lo hanno visto coinvolto assieme ad esponenti del clan Notarangelo. L’agguato, nel corso del quale un altro pregiudicato è rimasto ferito, è avvenuto all’interno del ristorante di cui era titolare alla presenza della moglie e della figlia di pochi mesi.
La sua figura, unitamente a quella del suocero (considerato uno dei luogotenenti del clan Romito-Gentile), risultava fortemente in ascesa, specie con riferimento al business degli stupefacenti. L’area compresa tra Monte Sant’Angelo, Manfredonia e Mattinata (ove, il 24 settembre 2017, si è costituito, ponendo fine alla propria latitanza, un elemento di vertice della locale criminalità, resosi irreperibile all’esecuzione, da parte dei Carabinieri di Foggia, dell’OCCC n. 8159/17 RGNR e n. 6525/17 RG GIP emessa il 4.07.2017 dal Tribunale di Foggia, per tentata estorsione continuata) – dove anche il clan Li Bergolis (il clan Li Bergolis, originario di Monte Sant’Angelo ed altre aree del promontorio garganico, è dedito al traffico di sostanze stupefacenti, alle estorsioni e furti di bestiame. Opera in sinergia con altri sodalizi presenti nell’area del promontorio come quelli di Vieste e Sannicandro Garganico, nonché con il clan Francavilla di Foggia. E’ stato in conflitto prima con i Primosa-Alfieri e, successivamente, con i Romito di Manfredonia, già suoi alleati. La detenzione, inoltre, di esponenti di spicco della mafia garganica come il capo del clan Prencipe, operante in San Giovanni Rotondo, ed il boss del clan Ciavarella di Sannicandro Garganico, entrambi già legati alla famiglia Lo Bergolis, agevolerebbe l’infiltrazione nei rispettivi territori di appartenenti ad altri gruppi, rispettivamente a Monte Sant’Angelo e San Severo, per le attività di spaccio di sostanze stupefacenti e reati predatori) appare in difficoltà per la detenzione dei suoi vertici. Non ultima quella dell’attuale reggente del clan Li Bergolis, nipote del patriarca e fedelissimo del capoclan di cui è cugino, arrestato in flagranza il 23 agosto 2017 per detenzione di un revolver) – si starebbe caratterizzando per un “processo evolutivo”, in parte legato al descritto riassetto in atto a Vieste, in parte alla crescita di quelle organizzazioni autoctone, ora non più gregarie, che si starebbero rivolgendo verso più ambiziosi obiettivi criminali, ivi compreso il condizionamento degli apparati amministrativi locali. A Mattinata, in particolare, è proseguita l’attività ispettiva della Commissione nominata dal Prefetto di Foggia – con provvedimento n. 18090 del 16 maggio 2017 – volta a verificare elementi di collegamento, diretto o indiretto, con la criminalità organizzata di tipo mafioso, ovvero eventuali forme di condizionamento idonei ad alterare il buon funzionamento dello stesso ente locale, sottoposto a scioglimento ex art.143 TUOEL il 16 marzo 2018.
Ciononostante, lo stesso citato clan montanaro pare aver intrapreso un percorso di ricompattamento organizzativo, forte della figura di un reggente che, sebbene ristretto, riveste notevole carisma criminale, addirittura prevedendo una strategia di espansione affaristica verso la stessa città di Vieste; in tale contesto, l’attuale avvicinamento dei Li Bergolis, secondo l’attuale assetto gerarchico di vertice, alla consorteria Perna-Landoli, potrebbe rivelarsi foriero di ulteriori fibrillazioni in gran parte del territorio in argomento.
Infatti, le alleanze criminali e le conflittualità nella predetta area territoriale poggiano proprio sui potenziali, cospicui introiti che una città a spiccata vocazione turistica come Vieste offre con il settore degli stupefacenti (si considerino le redditizie piazze di spaccio del litorale durante il periodo estivo) e con quello turistico (strutture ricettive, ristoranti, guardianie e servizi vari), settore, quest’ultimo, oggetto di attenzione criminale finalizzata sia alle estorsioni che alla gestione diretta delle attività imprenditoriali, con il conseguente riciclaggio dei proventi illeciti.
Di evidente interesse analitico appare anche l’area a nord del promontorio, compresa tra i comuni di San Nicandro Garganico e Cagnano Varano, area non ancora segnata da avvenimenti di forte impatto sociale ma, sicuramente, interessata dalla presenza di giovani leve criminali, legate a famiglie malavitose del luogo ansiose di uno spazio operativo autonomo.
Gli ingenti sequestri di droga (i Finanzieri, a largo delle coste di Manfredonia hanno intercettato, il 5 agosto 2017, uno scafo con due albanesi a bordo, trasportante tonnellate 2 di marijuana, mentre, il 5 settembre 2017, uno yacht con a bordo tre albanesi, trasportante tonnellate 4 di marijuana. A Vieste, inoltre, il 15 ottobre 2017 ha proceduto al sequestro a carico di ignoti di kg. 125 di marijuana) operati nel semestre confermano, poi, come le coste garganiche siano tra i terminal principali per le rotte dei traffici di marijuana provenienti dall’Albania (da smerciare poi in ambito nazionale), aspetto che favorisce il partenariato con organizzazioni criminali di estrazione regionale differente.
Di particolare interesse sotto il profilo delle proiezioni oltreconfine del fenomeno criminale foggiano – di cui si dirà meglio nel capitolo 7 – risulta l’omicidio, avvenuto ad Amsterdam il 12 ottobre 2017, di un noto appartenente alla mafia garganica, dedito al traffico di stupefacenti. La vittima residente a Manfredonia, era una figura di rilievo della mafia garganica, essendo legato al clan dei Montanari e ed attivo nel traffico degli stupefacenti, come già emerso nell’ambito dell’operazione “Iscaro&Saburo”, nella cui circostanza fu condannato per associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti con sentenza n.09/08 dell’8.05.2008 della Corte d’Appello di Bari, successivamente confermata nel 2009 dalla Suprema Corte di Cassazione.
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